12 anni schiavo
Ieri ho visto il nuovo film di Steve McQueen, “12 anni schiavo” e non ho potuto fare a meno nel ripensare al significato della parola: schiavo. La vita di Solomon Northup, rapito e fatto schiavo, ci riempie di sofferenza per quella che era una società (l’america di metà ‘800) brutale e fortemente razzista. Ma le mie elucubrazioni non si sono fermate a quei tempi, ho pensato alla nostra vita, “moderna”, costellata da milioni di schiavi, bianchi e non, alle prese con la sopravvivenza. Un termine che viene usato molto spesso nel film. Sopravvivere significa: “andare avanti”, cercare di campare alla buona senza una via predefinita. Nel 2014, sopravvivere significa abbandonare i propri desideri, ridurli all’osso o peggio vederli spazzati via da un mondo gestito da persone senza scrupoli. Non parlo di politica, parlo dei tuoi genitori, della tua fidanzata, del tuo datore di lavoro, dei tuoi amici, dei tuoi conoscenti. Ognuno di noi perseguita nel flusso dell’avidità, dell’egoismo. Viviamo in un’era dove il singolo conta più della collettività, raggiungere il benessere personale più che la condivisione all’interno della famiglia.
Solomon Northup si è visto deturpare dodici anni della sua vita. Non ha scelto di farlo, gli è stato imposto perché nero. Quello che mi chiedo, guardando a noi, come individui intelligenti: siamo schiavi di qualcuno, di un’ideale, oppure la libertà è qualcosa di irraggiungibile?